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Inviato - 12 luglio 2008 : 10:09:38
 Lettera aperta della famiglia Crisafulli a Beppino Englaro Carissimo Beppino, ti scrivo pubblicamente a nome di tutta la famiglia Crisafulli. Teniamo a precisarti che non apparteniamo a nessuna associazione (sappiamo che per aiutare fanno poco e niente), non facciamo parte di nessun schieramento politico, e per quanto riguarda la Chiesa, il Vaticano e tutto cio' che gira attorno al mondo cattolico, che parlano tanto, ma non sanno niente delle nostre sofferenze, e per giunta non fanno niente. E' che la nostra pregressa fiducia nella Chiesa in questi anni è volata via, pertanto ti comunichiamo che non siamo influenzati da nessuno, siamo io, noi e solo la nostra famiglia a scriverti. In extremis ti chiediamo di concedere la grazia ad Eluana: la tua lotta e la tua dolorosa e lunghissima battaglia giudiziaria l'hai già vinta. Con la presente lettera, ti chiediamo anche un cordiale incontro, nelle modalità e nei tempi, che ritieni opportuni. Sappi che non cambia nulla nella sofferenza e nelle condizioni di Eluana e Salvatore, anzi se consideriamo (e presumiamo) che Eluana non sente nulla, mentre Salvatore è cosciente, potrai sicuramente capire che lui soffra molto più di lei. Beppino, volevamo anche dirti che (forse) esiste uno spiraglio di luce, nessuno ne parla perche non conviene, esiste una terapia particolare che potrebbe far migliorare la condizione di vita di tua figlia. Salvatore dovrebbe farla. Ti chiediamo di provare a sottoporre anche Eluana a questa nuova terapia scientifica Americana, (terapia non concessa e non riconosciuta da questo "sordo" stato italiano). Come ben sai io e tutta la mia famiglia siamo entrati in un tunnel senza apparente uscita. Conosciamo centinaia e centinaia di casi, per essere più precisi quasi un migliaio di motori immobili, (la maggior parte vivono in casa propria), posso confermarti che ci sono persone come Eluana, ed anche molto peggio, (con respiratore Peg e similari), che scientificamente sono stati, e continuano ad essere giudicati dei Vegetali, in pratica delle foglie d'insalata. La verità invece è, che queste persone capiscono e recepiscono tutto quello che accade loro intorno, ma non riescono in alcun modo a comunicarlo e dimostrarlo, alcuni invece si fanno capire solo con gli occhi. Partendo proprio da Salvatore, siamo entrati in un argomento che prima non conoscevamo assolutamente. Solo la mia e la nostra forza, il nostro amore, ci ha dato la voglia di informarci e studiare il coma e lo Stato Vegetativo. Abbiamo girato l’italia, e anche paesi d'Europa, per dare un vero aiuto a mio fratello, e alla fine siamo stati premiati dal terribile racconto del nostro amato, e adorato Salvatore. Salvatore nel suo silenzio sentiva e capiva, ma quello che troviamo significativo è che lui sentiva ed avvertiva anche di avere fame e sete, nonostante si trovasse intubato. Beppino sappi che la vita è sacra. Ritengo che questo nostro dialogo, debba poter far riflettere e che arrivi anche nelle orecchie dei magistrati della corte di Roma. Noi abbiamo fatto di tutto, anche l'impossibile per Salvatore, ci conosci, è conosci ampiamente la nostra storia, come ben sai, Salvatore fu ampiamente giudicato dai grandi della medicina, un vegetale, in pratica una pianta d'annaffiare. Non c'è stato nessun errore medico, (come cercano di farci capire), nessuna diagnosi errata, sono state tante le diagnosi, sulla sua pelle, e sul suo corpo immobile, tutti paroloni. Oggi seppur nella sua gravissima disabilità che lo accompagna in questa lunga ed atroce sofferenza, lui è ritornato in qualche modo alla vita, lui vive per noi, e noi per lui. Sappiamo di certo che la pensiamo in modo diverso. Ho avuto la fortuna di conoscerti personalmente, sia in vari programmi televisivi, che presso la tua abitazione, dove in quell'occasione sei stato un uomo veramente straordinario, non posso dimenticarmi le passeggiate, la bellezza del lago e del centro storico di Lecco, non posso neanche dimenticare le parole di affetto che hai rivolto a mia madre, poi il nostro allontanamento con idee diverse. ntrambi abbiamo dovuto lottare, io per il diritto alla cura ed all'assistenza, tu per il diritto e la libertà di morire. Senza offenderti, sappi che non può il diritto a morire diventare la nuova frontiera dei diritti umani. Infine ti comunico alcuni dati, che forse ti potranno essere utili, il quasi migliaio di motori immobili che vivono in stato vegetativo prolungato (c'è ne sono tanti anche da oltre 20 anni) e le loro rispettive famiglie, che vivono ed accudiscono i propri cari in casa propria, il 99,9% si dichiarano completamente contrari all'eutanasia, fatta eccezione di un solo caso che indica come soluzione definitiva la morte, dopo la sua. Precisiamo che la disabile vive da oltre 27 anni in SVP, con il padre oggi 82 anni, e la paura di lasciarla da sola, gli da' sconforto ed angoscia. Le richieste di morire sono del tutto rare, noi personalmente sappiamo cosa significa essere stanchi disperati e dipendere da un assistenza fiacca e burocratica, e alla fine prevale il desiderio di farla finita. Mi auguro di sensibilizzarti ed accogliere questo nostro grido di sofferenza, ed umana partecipazione al tuo dolore. Accogli le nostre richieste, ed incontriamoci. Fiduciosi al nostro ascolto ed incontro. Catania 11 Novembre 2008 PER MAGGIORI DETTAGLI SULLA LETTERA DELLA FAMIGLIA CRISAFULLI CLICCA QUI: http://www.salvatorecrisafulli.it/index.htm
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Inviato - 12 luglio 2008 : 12:49:23
Questo è il decreto con li quale la Corte d' Appello di Milano ha accolto l' istanza di autorizzazione a disporre l' interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale». La Chiesa è critica e parla di "eutanasia". Beppino Englaro, il padre di Eluana, risponde: "Per il Vaticano sarà eutanasia, per me è la volontà di mia figlia". Clicca "qui" per leggere il decreto. Clicca "qui" per vedere un'intervita a Beppino Englaro, papà di Eluana (La Stampa - Multimedia).
Pur con tutta la delicatezza del caso, se lo desideri puoi esprimere la tua opinione.  |
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Inviato - 14 luglio 2008 : 15:20:42
citazione:
Nessuno muoia di sete per necrofila secolarista
Acqua per Eluana Englaro Da oggi, dai prossimi giorni sul sagrato del Duomo di Milano è decente ed è umano che vengano deposte bottiglie d’acqua. Non c’è da discutere, c’è solo da protestare la compassione. C’è solo da protestare. C’è solo da esercitare la libertà di contraddire calpestando quel simbolo di ragione che è la piazza sotto l’ombra di quel simbolo di fede che è la Cattedrale. Piazza Duomo è un luogo elettivo della religione e del civismo. E’ il posto giusto. E’ il posto giusto per riunirsi intorno al pozzo della Samaritana, e alla sua acqua. A qualche chilometro da lì, a Lecco sul bordo del lago manzoniano, una donna viva sta per essere assetata e affamata dal nostro io collettivo, timoroso della morte e spregiatore della vita umana, dalla scienza impudente e dalla famiglia senza speranza. Non c’è da capire se la fede cristiana sia in grado di salvare senza o perfino contro gli imperativi dell’etica classica e borghese: c’è da agire. C’è da agire su di una piazza, su un sagrato, silenziosamente e solidalmente, secondo la vocazione laica dei cattolici e la cultura cristiana dei laici. Questo è l’etica: discernere il bene dal male (aguzzando la vista) e sforzarsi di fare il bene (attraverso l’ineluttabilità del peccato). Non con la curiosità di Eva e l’autorizzazione biblica di Adamo, beninteso, ma secondo la ragione e la parola, secondo il Logos che per i cristiani è una incarnazione personale, un fatto. Non fare agli altri quanto non vuoi sia fatto a te: dunque, non assetare. Fa’ agli altri quanto vorresti fosse fatto a te: dunque, da’ da bere agli assetati. Molti nel mondo hanno sete e rischiano di morire. Ma nessuno come Eluana Englaro. Nessuno per sentenza di un giudice. Nessuno per evoluzione della cultura. Nessuno per disperata decisione paterna. Nessuno nel muto nome di una sua volontà precedente. Nessuno come campione umano per la statuizione di una legge di testamento cosiddetto biologico o di eutanasia. Nessuno come cavia ideologica di un passo ulteriore nella via della scristianizzazione radicale del mondo. Nessuno ha sete per un banale incidente filosofico divenuto religione civile universale, la religione della buona morte, la morte buona, capace secondo i modernisti di conferire dignità alla persona che la riceve nel suo letto o autonomia e libertà a chi la dà nel suo grembo. Nessuno nel mondo muore di sete per vanità e necrofilia secolarista. A Eluana Englaro, come avvenne per Terry Schiavo, potrebbe succedere. Beniamino Andreatta è vissuto nove anni in un letto d’ospedale, a Bologna, chiuso ai contatti diretti e comprensibili con il resto del mondo ma non all’amore della sua famiglia e dei suoi amici. Quando si recò in città, il Capo dello Stato lo andò a trovare. Andò a trovare qualcuno. Non una tomba o una cosa, di cui si possa disporre. C’era un corpo caldo, che di lì a qualche giorno diventò freddo, poiché Andreatta poi morì. Giorgio Napolitano, che si fece venire dubbi clamorosi all’epoca dell’appello di Piergiorgio Welby in nome del diritto di morire, potrebbe farsi venire un dubbio anche questa volta. Di segno contrario. In nome del diritto di vivere. Potrebbe recarsi sul sagrato del Duomo e deporre anche lui una bottiglia d’acqua. Potrebbe invocare una moratoria contro una pena di morte legale, comminata a una sorella delle suore Misericordine con le cautele della tortura umanitaria, affinché le mucose non si secchino e il disagio della disidratazione sia limitato. Tratto dal Foglio di Giuliano Ferrara

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Inviato - 14 luglio 2008 : 15:30:52
Ho incontrato EluanaLa mattina apre gli occhi e la sera li chiude, respira da sola e borbotta. “Incapace di relazione attiva con il mondo esterno”. O è il mondo esterno che non è attrezzato a un rapporto con le persone in questo stato? Ogni mattina gli occhi di Eluana si aprono. Alla sera si richiudono. Nel corso della giornata sono spalancati e ruotano instancabilmente. I medici assicurano che non “vedono”. O per lo meno nessuna reazione del suo apparato visivo sembra collegata a ciò che le sta intorno. Oltre agli occhi la bocca di Eluana è in costante movimento. La sua lingua sembra frugare per cercare un posto dove fermarsi. A un angolo della bocca. Tra i denti, sul palato. E dalla sua gola esce un rantolo discreto. Che a volte assomiglia a un borbottio. Quasi un bla-bla di neonato. Ma anche in questo caso i medici hanno assicurato che non si tratta di nessuna manifestazione correlabile a uno stimolo esterno. Né a una volontà comunicativa. Oltre agli occhi e alla bocca Eluana è da sedici anni immobile. Pietrificata. Accudita dalle amorevoli attenzioni delle suore misericordine, che cercano di evitarle in ogni modo le piaghe da decubito. Al mattino Eluana apre gli occhi e inizia a macinare gorgoglii. Ma per il resto è come una statua. Che alla sera cessa anche queste minime attività. Così l’ho vista quasi cinque anni fa al secondo piano della casa di cura di Lecco. La stessa dove nacque. Dove emise i primi borbottii, così simili e così diversi da quelli che oggi le escono di bocca. Vorrei dire che l’ho incontrata. Ma non riesco a usare quel verbo. Mi viene da dire che l’ho vista, denunciando un approccio voyeuristico che non ho ancora del tutto ammesso con me stesso. L’ho vista. Come si vede una persona da un buco della serratura. Senza essere visti a propria volta. L’ho spiata da un mondo che lei sembrava non abitare più del tutto. Se non fosse stato per quegli occhi, quella bocca. Quei rantoli. E per quella salute di ferro. In sedici anni mai un farmaco, mai un’aspirina. Solo quel sondino che un paio di volte al giorno le veniva infilato dal naso fino allo stomaco. Per nutrirla. Non contro la sua volontà, ma in assenza di sua volontà. Come accade a tanti handicappati gravissimi che popolano le vite di famiglie devastate dal dolore. Come accade a tanti giovani e anziani incapaci di vivere e spesso incapaci di relazioni positive con il mondo che sta loro attorno. Sì, costoro deglutiscono. Eluana non deglutisce. Il cibo glielo si deve depositare direttamente nello stomaco. Poi lo digerisce. E nel frattempo respira senza bisogno di macchine o di artifici di alcun genere. La medicina ha decretato la diagnosi di stato vegetativo permanente. Coma? Sì, nel senso di uno stato vegetativo; una condizione vitale – si badi bene, si tratta di una condizione vitale – paragonabile a quella di un vegetale. Cioè incapace di relazione attiva con il mondo esterno. O è il mondo esterno che non è attrezzato a un rapporto con le persone in questo stato? Non è una domanda retorica, o ad effetto. Sì, perché lo stato vegetativo permanente è quello di tutti coloro che hanno avuto i cosiddetti “risvegli”. La letteratura clinica è ricca di casi di uomini e donne che dopo periodi di “coma” come Eluana si sono incredibilmente risvegliati. Cioè hanno ripreso un contatto “interattivo” con il nostro mondo. Ma non è dato sapere “se” questo possa accadere. Né tantomeno è ipotizzabile immaginare “quando”. Era stato il signor Peppino Englaro a invitarmi quasi cinque anni fa a vedere (incontrare?) la figlia Eluana. Lui era convinto che avrei cambiato opinione. Gli avrei dato ragione. Non è stato così. Era la metà di dicembre del 2003. Dopo l’ennesimo ricorso alla magistratura i giornali si occuparono del “caso”, mescolando spesso sciocchezze, superficialità e improvvisazione scientifica. A Lecco, dove lavoravo allora, riprese una sopita polemica tra chi vedeva nel signor Englaro una vittima di una medicina e di una giustizia “ingiuste”, “disumane”, e chi meno esplicitamente lo considerava un incredibile e spietato padre privo di compassione per la figlia. La vita della figlia, di Eluana, sembrava solo un accidente nella tragica e disperata battaglia del padre. La condizione vitale di Eluana sembrava sfuggire ai più. Nelle cronache dei giornali la si indicava come una “cosa” appesa alla vita per il tramite di qualche macchinario sofisticato. Al contrario c’era chi favoleggiava che sarebbe bastato un po’ più di comprensione, di visite, di massaggi, di carezze, di parole, di tutto quell’armamentario della speranza contro ogni speranza, per poterla alla fine rivedere muovere un mignolo, un sopracciglio. La voglia del miracolo è nemica della vita, talvolta, tanto quanto l’incapacità di vederlo, il miracolo. Di lì, ecco la curiosità. Il voyeurismo giornalistico di poter vedere, senza intermediari. Senza racconti di terzi. E l’incrollabile convinzione di papà Peppino che sarebbe bastato vedere per poter farmi evitare il verbo incontrare. Mi accompagnò sulle scale. Al secondo piano a destra. Poi mi guidò in fondo al corridoio a sinistra. L’ultima camera. Un piccolo vano all’ingresso. Poi la stanza con il letto di Eluana, accanto alla finestra che dà sulla piazza alle spalle della chiesa di San Niccolò. Due suore amorevoli e più che discrete. Silenziose e compassionevoli tanto con Eluana che con il papà. Lui, Peppino, capì che non aveva trovato un alleato nella sua battaglia. Io non seppi dire, né allora né oggi se avevo “incontrato” Eluana Englaro. L’avevo vista. E certamente avevo visto il suo mistero vitale. Tanto simile a quello di mia zia Alda, che vidi da bambino in un ospizio per vecchi incapaci di intendere e di volere. Nutrita a forza. Spesso contro la sua volontà. Eluana non aveva più volontà, come purtroppo mi è accaduto di vedere in forme diverse in tanti altri ragazzi. E non solo ragazzi. Il mistero della sua vita dovrebbe consistere nell’assenza di peristalsi? Nella sua incapacità di chiedere cibo? E di deglutirlo? Io mi fermo alle domande. Quelle che mi porto ormai chiarissime da cinque anni a questa parte. La tragedia di papà Peppino e di sua moglie non mi convinse delle loro ragioni. Da allora l’evidenza vitale di Eluana consiste per me nel ricordo di quegli occhi spalancati nel vuoto e in quella bocca in perenne borbottio. In quel cuore che continuava a battere senza aiuti meccanici, in quei polmoni che continuavano a ventilare un corpo insensibile, immobile, sospeso in una condizione irraggiungibile. Lì per me incominciava il suo mistero, in verità molto simile al mio. di Marco Barbieri Tratto dal Foglio di Giuliano Ferrara http://www.ilfoglio.it/soloqui/688  |
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Inviato - 14 luglio 2008 : 16:24:41
Io, nutrito con il sondino“Accompagnare a morte una persona totalmente stabile dal punto di vista clinico lo definisco esattamente un atto di eutanasia, in qualunque modo e con tutto il pietismo con cui venga fatto”. Parla Mario Melazzini, malato di Sla, al quotidiano on line Il Sussidiario. Mario Melazzini, medico dalla carriera brillante, a partire dal 2002 ha incominciato a percepire che il suo corpo non rispondeva più alle sue sollecitazioni. Nel giro di un anno la diagnosi: sclerosi laterale amiotrofica. Ora anche lui, come Eluana, non può mangiare in modo autonomo ed è alimentato artificialmente, con una sonda endogastrica. (…) Qual è stata la sua reazione di fronte a questa sentenza dei giudici di Milano? “Con tutto il rispetto per la magistratura, mi trovo in totale disaccordo sulle motivazioni che la Corte d’appello di Milano ha emesso nei confronti della vicenda di Eluana Englaro. Per due motivi. Innanzitutto il corpo di Eluana viene definito semplicemente come vita biologica, e questa è una riduzione inammissibile. In secondo luogo perché la sentenza si rifà a qualcosa che in passato sarebbe stato detto da Eluana. Ma i ragazzi ventenni, si sa, vedono la propria vita in un determinato modo, e una visita a un amico in un uno stato grave, di coma, può creare un grande impatto emotivo, e pensieri negativi in merito all’ipotesi di dover vivere dipendendo da uno strumento anche solo per respirare. Basare una sentenza solo su quello che qualcuno ha sentito dire non mi sembra una cosa accettabile”. Eluana sembra però trovarsi in uno stato irreversibile, immutato da 16 anni: tenerla in vita non è una forma di accanimento? “Eluana si trova in uno stato vegetativo permanente, non in coma irreversibile: per definire il coma irreversibile ci sono dei parametri strumentali e clinici ben precisi. Eluana è una persona che si trova in una determinata condizione, ed è alimentata e idratata artificialmente: definire questi supporti di sostegno vitale, quale l’idratazione e l’alimentazione, strumenti di accanimento terapeutico è una cosa che mi ferisce molto, come medico, come uomo, come malato”. Dunque secondo lei con questa sentenza si legittima un atto di eutanasia? “Accompagnare a morte una persona totalmente stabile dal punto di vista clinico lo definisco esattamente un atto di eutanasia, in qualunque modo venga fatto. Omicidio è una parola che io non sono in grado di utilizzare, ma definirlo eutanasia è la realtà. Utilizzare il verbo ‘accompagnare’, come fa la sentenza, significa ritenere che questa persona, essendo in un tale stadio di vita biologica, non sia in grado né di sentire, né di provare sensazioni. Ma forse bisognerebbe chiedersi che strumenti si hanno per giudicare che questa persona, privata dei liquidi, privata dell’alimentazione, possa non provare dolore anche fisico. Quindi non ci sono altri modi per definire questo atto se non legalizzazione dell’eutanasia. E questo mi fa molta paura”. Lei ha parlato di dignità della vita: si sente spesso parlare con leggerezza di vite non degne di essere vissute, a proposito di condizioni estreme di malattia. Come reagisce di fronte a questo? “Con un sorriso dispiaciuto. Ipotizzare che determinate condizioni di salute o di disabilità possano non essere compatibili con una vita degna di essere vissuta è una concezione che definirei da benpensanti, e che personalmente mi offende. Lo pensavo anch’io, nel mio banalissimo percorso di vita: da uomo sano non ipotizzavo che la totale dipendenza dagli altri potesse essere conciliabile con la dignità della vita. Invece è così”. Com’è possibile avere una concezione così assoluta della dignità della vita? “Occorre pensare che alcune condizioni, patologie o disabilità che comportano la totale dipendenza dagli altri o da alcuni strumenti sono perfettamente conciliabili con una vita dalla qualità buona. Occorre fare un passo indietro, e chiedersi quando la vita deve essere vissuta. La dignità della vita, infatti, ha a mio parere un carattere ontologico e non può dipendere da una ‘qualità’ misurata solo in termini utilitaristici. Non si può pensare che essere uomo, essere persona degna di vivere, possa diventare una sorta di patente a punti: se hai tutte le funzioni sei degno; se perdi le funzioni perdi la dignità. Finché un bel giorno ti viene tolta la patente, e altri possono decidere per te, avendo la presunzione di dire che quella vita non è degna di continuare. Non lo si può accettare”. (…) Nella sentenza vengono date anche istruzioni su come operare concretamente l’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione, per non provocare dolore a Eluana… “Questa è una sentenza con forti accenti di pietismo (…), dà indicazioni per un accompagnamento che viene definito ‘dignitoso’, dicendo (…) che bisognerà accompagnare Eluana a una morte senza dolore, in particolar modo provvedendo a ‘umidificare le mucose’. Proprio così. Mi viene in mente Cristo sulla croce: a lui passarono sulla bocca una spugna imbevuta di aceto”. Il testo integrale è reperibile su www.ilsussidiario.net.  |
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Inviato - 14 luglio 2008 : 16:36:11
La volontà di un giudice non è quella di EluanaIl sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo nell’ottobre 2007 era il procuratore che si oppose al distacco del sondino che la nutre e disseta “Non c’è emozione o testimonianza che giustifichi questa decisione” Giacomo Caliendo, oggi sottosegretario alla Giustizia, non ama “commentare le sentenze”, e però, per quella che riguarda Eluana Englaro, decide di fare uno strappo alla regola. Caliendo, nell’ottobre del 2007, da sostituto procuratore generale della Corte di cassazione, chiese ai giudici della prima sezione civile di rigettare il ricorso presentato da Beppino Englaro, il papà di Eluana, contro il decreto della Corte d’appello di Milano del dicembre 2006. Il padre di Eluana, allora, chiedeva ciò che non ha mai smesso di chiedere dal 1999, cioè che alla figlia, in stato vegetativo permanente dopo l’incidente stradale del 18 gennaio 1992 fosse staccato il sondino endogastrico che la alimenta e la idrata. “Quel che penso oggi – dichiara Caliendo – è esattamente quello che pensavo allora: un giudice non dovrebbe esprimere valutazioni in base alle emozioni né basarsi su testimonianze emotive di fatti che sono avvenuti oramai più di quindici anni fa”. Nella sua requisitoria dell’ottobre scorso il procuratore Caliendo disse che “non c’era il consenso della ragazza” né in un senso né nell’altro, ma che proprio tale constatazione non inficiava il fatto che nessuno potesse arrogarsi il diritto di staccare il sondino che la teneva (e la tiene) ancora in vita. Per Caliendo era chiaro allora e lo è ancora oggi che “senza ombra di dubbio non ci troviamo di fronte a un caso di accanimento terapeutico” perché, come diceva nella sua requisitoria, “il trattamento al quale è sottoposta Eluana Englaro è difficile qualificarlo come trattamento sanitario, in quanto si tratta soltanto della somministrazione del nutrimento”. Ed è in base a tale dato che è oggi piuttosto scettico dinanzi alle disposizioni attuative della Corte d’appello di Milano secondo cui, dopo che sarà staccato il sondino ad Eluana, le si dovrà garantire “un adeguato e dignitoso accudimento accompagnatorio”. Per Caliendo, “togliere il sondino significa far morire Eluana facendola soffrire. Per evitare i dolori le si dovrebbero somministrare delle medicine”, cosa che finora non è mai successa, ma in questo caso allora – ragiona Caliendo – si verrebbe a creare una situazione paradossale, si renderebbe necessario un trattamento sanitario, finora inutile, che potrebbe essere definito “accanimento terapeutico” a meno che il suo scopo non sia la cura… In quella sua requisitoria dell’ottobre 2007 l’allora procuratore spinse le proprie considerazioni fino ad affermare che il motivo che lo portava a respingere il ricorso avanzato dal padre e dalla curatrice della ragazza era che “il nostro ordinamento tutela, più di ogni altra cosa, il valore supremo rappresentato dal bene della vita, ancor più del valore della dignità umana: la decisione se vivere e morire e come vivere e morire, deve essere lasciata alle persone direttamente interessate e non ad altri”. Oggi lo ribadisce: “Non credo che i colleghi giudici di Milano non riconoscano il valore supremo della vita. Non penso che sia questo il punto di cui discutere. Penso invece che bisognerebbe riconoscere che è impossibile a noi, oggi, ricostruire la volontà di Eluana Englaro basandoci su episodi lontani nel tempo. La volontà presunta del soggetto è impossibile da decifrare. E come potremmo?”. Secondo quanto riportato dai giornali, Eluana, provetta sciatrice, avrebbe detto ad alcune amiche che lei non avrebbe mai voluto sopravvivere come Leonardo David, lo sciatore italiano che entrò in coma dopo un incidente nella discesa libera di Lake Placid il 3 marzo 1979. Le testimonianze dei conoscenti sono state vagliate anche da Caliendo che però torna a dire: “Tali parole non possono essere considerate da un giudice né rilevanti né attuali in quanto non riguardano il consenso di Eluana all’alimentazione col sondino. Quando le pronunciò non era nella situazione in cui si trova adesso. Il fatto quindi di non potere decidere noi al posto di Eluana dovrebbe farci riflettere bene su come comportarci oggi nei suoi confronti”. 
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Inviato - 16 luglio 2008 : 18:46:42
In mancanza di una legge il Giudice civile non poteva decidere. Il Senato avvia la procedura per un'eventuale conflitto di attribuzioneLa Giunta per il Regolamento ha accolto la proposta avanzata dal presidente del Senato, Renato Schifani, di deferire alla commissione Affari Costituzionali la questione di un'eventuale conflitto di attribuzione da sollevare davanti alla Consulta tra il Senato e la Corte di cassazione in merito alla vicenda di Eluana Englaro. La decisione definitiva spetterà all'aula di Palazzo Madama. Nei giorni scorsi diversi parlamentari avevano contestato che la decisione su Eluana Englaro fosse stata assunta non in base ad una legge, ma con una sentenza della magistratura. Di qui la richiesta che il potere legislativo, e cioè le Camere, aprissero un conflitto di attribuzione davanti al potere giudiziario, la Corte di Cassazione.  |
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Inviato - 17 luglio 2008 : 11:17:00
Marco Espa, padre di una giovane disabile, contro la sentenza su EluanaMarco Espa è consigliere della Regione Sardegna ma è soprattutto il padre di Chiara, una giovane disabile. Ieri il sig. Marco Espa ha inviato a Flavia Amabile (giornalista del quotidiano La stampa) questo suo commento alla sentenza su Eluana Englaro: Alcune riflessioni a caldo su Eluana Englaro: la corte d'appello civile di Milano ha deciso che l'alimentazione artificiale è per una persona con gravissima disabilità profondamente cerebrolesa, non un diritto, ma un accanimento terapeutico. Si dicono molte inesattezze e vorremmo dare un contributo per capire meglio le cose. Come al solito si dice: staccare la spina. Non c'è nessuna spina da staccare! Siamo contrari ad ogni forma di accanimento terapeutico ma... l'alimentazione, l'acqua non sono accanimento terapeutico! Si parla di staccare la spina quando invece non c'è alcun meccanismo artificiale che tiene in vita Eluana, è solo il diritto ad essere idratata e alimentata. Eluana viene ben accudita, esce dalla sua stanza, dorme, si sveglia. Come un neonato o come centinaia e centinaia di nostri figli che sono alimentati nello stesso identico modo. Se non le darai da mangiare e da bere ovviamente morirà. Siamo da sempre, come genitori, vicini al dolore del papà di Eluana, ricordando il giorno nel quale ci siamo incontrati televisivamente io ed Ada, mia moglie, con la presenza di Chiara, mia figlia, da Bruno Vespa nel suo "Porta a Porta". Ci sentiamo con una esperienza molto simile. Allora era Terry Schiavo l'argomento. Fatta morire di sete e di fame da un giudice americano. Massima comprensione ma la pensavamo e la pensiamo diversamente su molte cose che riguardano i nostri figli. Non voglio ASSOLUTAMENTE giudicare nessuno ma alcune affermazioni del papà di Eluana mi hanno toccato in questi giorni e che hanno colpito mass media e opinione pubblica: ritenere che i massaggi, la riabilitazione e tutto quello che si fa con cura ad una persona che rischia di avere le piaghe dall'immobilità, siano una violenza. Beh, questo tipo di attenzione lo chiedono migliaia di persone con grave disabilità, le loro famiglie, lo chiedono il movimento democratico delle associazioni di persone con disabilità come DIRITTO, lottano quotidianamente per ottenerle in tutte le strutture pubbliche e private o domiciliarmente, per vivere dignitosamente. Ritenere poi che l'alimentazione tramite il sondino sia come quella che si fa alle oche, per ingrassarle. Mai tale paragone, reso pubblico in questi giorni sui giornali, è stato più infelice e discriminatorio, uno stigma per le persone con disabilità. Migliaia di persone usano il sondino nasogastrico. Migliaia di persone in situazione molto più grave usano la PEG, ovvero ricevono l'alimentazione direttamente nello stomaco. E chiedono di essere alimentate. Chi chiede il sostegno per vivere purtroppo non fa notizia. E ora un tribunale italiano, in dispregio al diritto all'idratazione e alla nutrizione (che non è polmone d'acciaio o altre apparecchiature elettriche) recentemente sancito dalla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità (art. 25 lett. f) firmata per l'Italia dal Ministro Ferrero, ha deciso che Eluana dovrà morire di sete e di fame. E' incredibile questa soluzione. Che soluzione è questa, far morire di sete e di fame? Si parla di diritto, di modernità, ma di cosa? Come può un essere umano lasciato morire di stenti, come capitò a Terry Schiavo che mori dopo ben 15 giorni? Che segnale si da alle migliaia e migliaia di persone con disabilità che alimentati nello stesso modo lottano per ottenere dalle istituzioni e dalla politica il diritto a vivere ed ad essere ben assistiti? Sta passando invece il terribile concetto che "una persona con grave disabilità tutto sommato è, come dicono gli americani not dead men, un quasi morto". La convinzione che le persone con disabilità siano "meglio morte" ancora esiste ma è profondamente errata. Mette tutti noi in pericolo. Il dibattito a volte rasenta l'assurdità. E' centrato sulla paura della malattia. Si sentono affermazioni pericolose degne dell'eugenetica come, ad esempio, quelle che pretendono di dare dignità alla vita solo col trittico consapevolezza, coscienza ed autonomia. Secondo costoro, il resto è morte tagliando via con un tratto di penna milioni di persone con grave disabilità cognitiva, intellettiva e relazionale, con esperienza di malattie psichiatriche ecc. Con questa logica i 400 milioni di euro del fondo per la non autosufficienza sarebbero soldi buttati... Sbaglia chi divide il dibattito tra posizione laiche e cattoliche. E' solo strumentale. La difesa della vita è un valore di tutti, un valore umano. Il Parlamento, la politica deve dare risposte, non i tribunali. Ci sono migliaia di persone con disabilità in una situazione analoga o più grave di quella di Eluana. Dobbiamo occuparci di questi temi ai confini della vita. Le persone con disabilità grave e gravissima chiedono non il diritto di morire ma il sostegno per vivere. Facciamoci carico tutti: io mi impegnerò come genitore ma ancor più questa volta come rappresentante istituzionale. Non dobbiamo giudicare la persona, mai, ma... il tribunale sbaglia. Leggere come il tribunale autorizza alla morte Eluana fa venire i brividi: Bisogna opporsi, ora non al papà di Eluana, ma alla decisione del Tribunale. Marco Espa Per l'intervista completa e per la visione di una registrazione della trasmissione "Porta a Porta" che ha trattato il caso di Chiara clicca qui: LaStampa.it 
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Inviato - 18 luglio 2008 : 07:47:00
Afferma il prof. Alberto Gambino, Ordinario di Diritto civile Il caso Eluana, quando i giudici vanno contro la Costituzione ROMA, giovedì, 10 luglio 2008 (ZENIT.org).- La sentenza della Corte di Appello di Milano sulla vicenda della ragazza di Lecco che vive in stato vegetativo da circa 16 anni pone in Italia l’interrogativo inquietante se, dunque, si sia definitivamente aperto all’eutanasia e se ciò sia conforme alle leggi della Repubblica italiana. Lo abbiamo chiesto al prof. Alberto Gambino, Ordinario di Diritto privato all’Università di Napoli “Parthenope” e di Diritto civile all’Università Europea di Roma.
Cosa dice esattamente la decisione dei giudici di Appello di Milano? R: La decisione fa seguito alla sentenza di Cassazione dello scorso ottobre ove si afferma che si può autorizzare la cessazione delle terapie di un paziente in stato vegetativo “irreversibile”, ove si ritenga, in base ad alcune presunzioni, che questa sia la sua volontà. Ora i giudici d’Appello applicano il principio al caso specifico ricorrendo alla figura del rappresentante legale. Cosa significa questo? R: Significa che un soggetto diverso da Eluana può decidere se interrompere le terapie. Ma attenzione qui c’è già un gravissimo errore di fatto: Eluana non è sotto terapia, ma viene alimentata attraverso un tubicino. Si tratta, dunque, di non darle più da bere e da mangiare, esattamente come il caso di Terry Schiavo. Ma Eluana, se fosse cosciente, potrebbe sottrarsi a tale alimentazione artificiale? R: Il punto è proprio questo: “se fosse cosciente”. Ma Eluana non lo è, e, dunque, si ricorre ad un terzo soggetto, che secondo i giudici fungerebbe da arbitro circa la presunta volontà di Eluana, ma che in realtà pone in essere un arbitrio giuridicamente e costituzionalmente inaccettabile. Perché questo comportamento è secondo lei contrario al diritto? R: Intanto perché il nostro diritto conosce la figura della rappresentanza solo per l’esercizio di diritti disponibili e, invece, la vita è giuridicamente “indisponibile”. Poi, e soprattutto, perché il diritto serve a tutelare le persone, qui, invece, viene strumentalmente utilizzato per eliminarle. A ben vedere, da un punto di vista giuridico, non c’è molta differenza con il potere di vita e di morte degli imperatori romani, l’ideologia nazista o la schiavitù che rende gli uomini come cose. Sono concetti forti... R: Sono concetti forti se si ha un approccio culturale – è chiaro che le situazioni storicamente e socialmente sono diverse – ma sono concetti esatti se si ha presente la funzione del diritto che è, ripeto, quella di tutelare sfere di interesse, in primis la vita, non di annientarle. I giudici richiedono anche una valutazione dei principi etico-religiosi del malato. R: E questo non può che aggravare l’erroneità della decisione della Corte d’Appello e, ancora prima, della Cassazione. Risalire alle visioni del mondo del paziente, che nessuno può dire ancora attuali, significa definitivamente di non tenere conto della reale volontà del malato, che, per essere libera, deve essere attuale, circostanziata e contestualizzata. E’ umanamente drammatico e sbagliato retrodatarla perché si finisce, come detto, per farsi strumento di un arbitrio, in base ad una presunta volontà altrui. Lei afferma che la decisione è inaccettabile anche con riferimento alla Costituzione italiana. R: Sì, intanto perche alcuni interpreti fanno erroneamente discendere il diritto del malato al rifiuto delle cure dall’art. 32 della Costituzione, dove si fa divieto di trattamenti sanitari obbligatori a meno che non ci sia una legge a consentirli. Nel caso di Eluana, intanto non siamo davanti ad un trattamento sanitario, che non consiste certo nel dare da mangiare ad un malato. Inoltre l’articolo 32 della Carta costituzionale si riferisce a trattamenti collettivi, come una terapia imposta dall’autorità pubblica ai cittadini, e non alla cura indicata dal medico per un singolo paziente. Se solo si avesse tempo di rileggere la nostra bellissima Costituzione, ci si accorgerebbe subito che nel dibattito alla Costituente su questo articolo l’obiettivo era quello di evitare, memori delle aberrazioni dei regimi totalitari, interventi terapeutici di massa. In base a cosa allora il paziente può rifiutarsi? R: In base alla sua libertà, che preclude che altri possano intervenire sul proprio corpo senza il necessario consenso dell’interessato. Siamo nell’articolo 2 della Costituzione che riconosce i diritti inviolabili della persona e la sua libertà ne è il presupposto, fino alla drammatica estrema conseguenza di lasciarsi morire anziché farsi curare, come riportarono le cronache qualche anno fa per il caso di una donna che rifiutò l’amputazione di un arto in cancrena, e poi a causa di questo morì. Sono decisioni legittime queste? R: Eticamente non le condivido, ma il diritto preserva lo spazio di libertà; sarà poi la coscienza morale degli uomini o, per chi crede, Dio, a giudicare. Dunque il cerchio si chiude, la libertà può essere esercitata soltanto dall’interessato? R: Esatto. Nessuno può farsi rappresentante di decisioni drammatiche come l’esito della vita di una persona. E’ proprio per questo che parlo di “paradosso del testamento biologico”: si vuole tutelare la libertà dell’individuo di rifiutare le cure o addirittura il cibo, e poi quella libertà viene esercitata da vari soggetti tranne che dal suo effettivo titolare. Come ho già avuto modo di dire, siamo davanti ad un’analisi fondata sullo schema costi-benefici e non sulla reale salvaguardia della libertà della persona. Il malato in stato vegetativo finisce per essere considerato un “peso” sociale, che, per quanto umanamente drammatico, non potrà mai ridurre il valore della persona-soggetto di diritto ad un bene disponibile come se fosse una cosa. Questa situazione rappresenta per l’Italia l’anticamera dell’eutanasia? R: No, è già eutanasia. Prof. Alberto Gambino Per l'intervista completa visita il sito http://www.zenit.org/article-14950?l=italian  |
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Inviato - 16 novembre 2008 : 11:25:27
Ora Eluana può morire L' amaro sollievo di papà Beppino 'Figlia mia, ce l' abbiamo fatta'«La prima cosa che ho pensato è: "Eluana, ce l' abbiamo fatta"». Beppino Englaro ha appena saputo, è immerso nella tristezza e nella soddisfazione, una miscela per molti di noi insopportabile. Tira avanti, questo fa, d' altra parte ha chiamato questa sua vita «assaggio di inferno». Anche nell' inferno c' è, a volte, una pausa: «Stavo nello studio del professor Angiolini, nessuno di noi si aspettava niente di immediato, quando hanno cominciato a squillare tutti i telefoni...». La sentenza è arrivata e lei signor Englaro ha davvero smesso di rilasciare interviste? «Glielo confermo, sì, basta, lunedì ho detto stop. Ho parlato con il Tg1 e registrato anche con Bruno Vespa che lo chiedeva da tempo. Gli ho detto che eravamo al giorno 6143, oggi siamo al giorno 6146 da quando c' è stato l' incidente alla mia Eluana e perciò chiedo di poter tornare nella nostra sfera privata. Fine. L' ultima parola per me è quella scritta dalla Cassazione, che cosa posso dire di più? Sono anni che parlo». Non voglio forzarle la mano, anche per il rispetto di quanto ha passato e di ciò che la attende, ma mi permetta di chiedere, perché se lo chiedono in tanti: che cosa l' ha tenuta e la tiene in piedi? «Il rispetto per lo stato di diritto. Non vede che ho fatto bene ad avere fiducia?». La sentenza è di ben 21 pagine. «Appunto, la Cassazione dice quello che tanta gente comune sa, e cioè che dare al paziente il potere di mettere un limite alle cure è una cosa giustissima. E non significa affatto uccidere». L' hanno accusata praticamente di omicidio... «Penso che è dalla Cassazione che ho avuto del bene, come cittadino, perché chiedevo giustizia e i magistrati a Roma e Milano me l' hanno data. Hanno cercato di entrare nei panni di una persona che non sono io, ma è Eluana. Con le sue idee, la sua forza della libertà, con il suo stato vegetativo irreversibile. Una condizione che non esiste in natura, mentre qua da noi la medicina si può spingere all' estremismo dell' alimentazione forzata, della cura anche quando non serve più. I medici fanno il massimo, ne ho rispetto, ma se si entra nei loro protocolli... Insomma, non ci era permesso di dire no, grazie. Per me no, questo splendore della scienza e della vita intesa come respiro non la voglio. Gli altri si regolino come vogliono, ci mancherebbe». L' ha tenuta dunque in piedi questa idea che avrebbe avuto ragione? «Non io, Eluana ha ragione, io sono stato la sua voce». Ma ha avuto molti momenti durissimi e altri ne avrà... «Un pensiero speciale m' è venuto a galla nei momenti più difficili. Ho pensato ai campi di concentramento». In che senso? «Quando Eluana ha avuto l' incidente, tutto il nostro mondo, mio e di mia moglie Sati, è cambiato. Giorno dopo giorno abbiamo affrontato una realtà nuova e molto, molto complessa. E così, in qualche momento, ho pensato ai lager. Ho pensato agli internati, alle loro sofferenze, se quella povera gente ha stretto i denti e ha resistito, ha sopportato atrocità inenarrabili, forse potevo farcela anch' io». Un pensiero molto doloroso... «Ho però trovato conforto nel paragone, per quanto ingiustificato mi ha dato la forza di non cedere. E poi ho il conforto di qualche amico e parente». E adesso? «Adesso chiedo silenzio e rispetto, lo chiedo con forza, lasciatemi scomparire, lasciateci uscire di scena». Torna dunque a casa Beppino Englaro, dopo aver passato alcune ore con Vittorio Angiolini e Franca Alessio. Alle suore Misericordine che curano con amore e professionalità sua figlia già nei giorni scorsi aveva detto di non preoccuparsi, che come s' era sempre mosso alla luce del sole, così avrebbe continuato a fare. Dire che fosse certo della decisione della Cassazione è forse un' esagerazione, ma che fosse fiducioso è fuor di dubbio. Citava a memoria interi passi dei giudici. Per anni non aveva mai voluto scrivere nemmeno una riga di questa vicenda, si è convinto quando una studentessa di filosofia, Elena Nave, gliel' ha proposto. Englaro vede nei giovani che si affacciano al lavoro un po' sua figlia, che non s' è più potuta lanciare nel mondo. E così, mentre parla con Maurizio Mori della Consulta di bioetica, il gruppo laico di moralisti fondato da Renato Boeri, mentre discute ancora con i suoi avvocati Angiolini e Alessio, mentre assiste sua moglie Sati, molto malata, mentre fa mille cose, non si discosta da una: «Eluana, ce l' abbiamo fatta». Anche se non è ancora vero, un po' vero lo è già. E questo basta e avanza, dopo che per anni Beppino era - parole sue - «solo un randagio che abbaiava alla luna». Articolo tratto da Repubblica.it: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/11/14/ora-eluana-puo-morire-amaro-sollievo.htm  |
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Inviato - 16 novembre 2008 : 11:36:16
Lecco, un paese tra la vita e la morte . Il confine di EluanaDi là, Eluana. Dietro le finestre verdi, al secondo piano. Di qui, la città, l' altro mondo. Il lago, le onde, il Resegone pieno di neve. In mezzo, il confine tra vita e morte. Anonimo e sottile, come un tubino. C' è sole, chissà se filtra. Il solito corridoio grigio, mentre le suore vestono divise bianco e nere. Eluana viene messa in carrozzella, con un apposito reggitesta, e portata a prendere aria. Non è vero che ha i capelli bianchi, dice il suo medico curante, Carlo Alberto Defanti. è vero invece che ha ancora mestruazioni fortissime, tanto che un' emorragia, un mese fa, se la stava quasi portando via. Eluana è invecchiata in questo confine, senza voci, dove non si può entrare. Il mondo in sua assenza è andato avanti. Eluana è figlia di questa terra, ma la sensazione è che sia sopravvissuta da estranea. Giocando fuori casa, sul pianerottolo della sua adolescenza. Ora, dopo 17 anni, è il momento dell' addio. Ti aspetteresti un abbraccio, una scossa emotiva, un pianto generoso. Ama il prossimo tuo come te stesso. Eluana è un prossimo conosciuto. Invece no. Il paese non l' accarezza, è infastidito dai riflettori, e non porge l' altra guancia. Reagisce con indifferenza, si difende con il tema della discrezione, invoca il silenzio. Don Franco Cecchin, prevosto di Lecco, 48 mila anime, gira in bicicletta. A giugno è andato a dire messa in fabbrica, alla Riello occupata dai lavoratori. SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE CON UN ARTICOLO DI PIERO COLAPRICO Adesso dice che nell' omelia di domani non parlerà di Eluana e che bisogna stare molto vicini al padre. Don Franco non può più concedere dichiarazioni: «Bisogna sentire la Curia a Milano». Eluana non è più una ex ragazza della parrocchia, sul suo confine può camminare solo il Vaticano, con una certificazione scritta. Non la pietà istintiva che si deve ad una disgraziata vicina di casa. Lecco è la roccaforte di Roberto Formigoni, di Comunione e Liberazione, del cardinale Scola, vescovo a Venezia, della morale manzoniana. Una linea Maginot della fede che non cede, un rosario che non vuole rattoppi. Il sindaco Antonella Faggi, della Lega Nord, ha il suo slogan: né omaggi, né oltraggi. «In nome di Eluana non è giusto dividersi, sì io provo imbarazzo per un tema che andrebbe trattato sotto un profilo giuridico. Invece c' è chi dà dell' omicida al padre, al signor Englaro, ma come si fa? Io ho una figlia di 20 anni e a certe cose non voglio nemmeno pensare. Però non voglio nemmeno che dagli schieramenti escano dei giudizi: da una parte i buoni e belli e dall' altra i brutti e cattivi». Sul confine tra libertà e pena di morte, come ormai scrive la stampa locale, non vuole fare equilibrismi il gallerista Oreste Bellinzona, 64 anni, un figlio di 30. «Questa è una città fredda, gnucca, con una modesta vocazione culturale. Non vuole vedere, né sapere. Dal '91 in mano al centrodestra. Ma qualcuno si chiede com' è conciata Eluana oggi? E c' è qualcuno disposto a dare un abbraccio a suo padre, strenuo lottatore? Ma no che non c' è, qui la regola è non reagire a quello che vuole la Chiesa». Sotto l' ospedale di Eluana, la casa di cura Beato Luigi Talamonti, nota ai lecchesi come clinica Ripamonti, molte donne, che entrano e escono per gli esami. Nessuna voglia di parlare sulle conseguenze di una legge e di una religione deformata: «Ho fretta». «Devo andare a lavorare». «Mi fa male una gamba». «Non ho tempo». E già, perché a Eluana non fa male niente. Si ferma solo Chiara, 30 anni, due figlie, niente cognome per favore: «Vivo nel palazzo di Eluana, ma non l' ho mai conosciuta, sono arrivata dopo. Vedo suo padre e mi fa rispetto e tenerezza. Mi chiedo, cosa farà dopo? La lotta dà forza, ma scomparsa Eluana, il vuoto per lui sarà insopportabile. Io però se organizzano una fiaccolata per continuarla a nutrire non ci vado. Non la penso così, ma me lo tengo per me». è pronto invece a manifestare il dottor Alberto Riva, della farmacia Provasi. «Ho 51 anni, 4 figli che vanno dai 14 ai 21, sono credente e mi chiedo: come si fa a dire che Eluana non prova più niente. Non risponde, ma non sta male, ha anche le mestruazioni, segno che il suo corpo ha ancora certe funzioni. Mi dispiace per lei e per suo padre, ma io credo nella speranza e dico che è male smettere di nutrirla». Lo pensa anche il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia: «Un anno e mezzo fa un mio carissimo amico è entrato nella stessa situazione di Eluana ed è stato ricoverato nella stanza vicino alla sua. Si chiamava Gianni. Ho ancora in mente il suo sguardo, difficile dire che uno così non vive, anche se in un modo assai misterioso. Rispetto la sofferenza della famiglia Englaro, ma reputo la loro scelta sbagliata». Il confine tra il respiro e l' agonia è in via S. Niccolò 12, gestito dalle suore Misericordine di San Gerardo. Un edificio centrale, non al margine della città, però è come se la presenza di Eluana fosse rimossa. Diciassette anni sfiniscono, anche la solidarietà. Le suore insistono: «Lasciatela a noi, se c' è chi la considera morta, noi invece la sentiamo viva e la seguiremo come sempre». Anche il cardinale Dionigi Tettamanzi le ha incoraggiate: «Carissime, lo sanno tutti che per voi Eluana non è un caso, ma una persona che curate, con competenza e gratuito amore. Continuate, anche se la sua vicenda si sta avviando a una conclusione irragionevole e violenta». Fa niente se Eluana abbia manifestato, quando poteva, la voglia di non essere solo uno scheletro, una scheggia tagliente, rimasta incagliata nelle pelle della città, a ricordare che le nostre anime sono anche carne e dolore. Vincenzo Del Degno, nuovo segretario comunale, 46 anni, una figlia di 13, sostiene che sarebbe ora di emanciparsi dal Vaticano. «Se un padre porta avanti questa determinazione gli si deve rispetto. Io guardo a lui e alle sue battaglia e dico che in certe cose il cittadino non può essere lasciato solo a decidere, ci vuole una legge, altrimenti questi problemi diventano devastanti. Partecipare ad una fiaccolata per evitare che stacchino l' alimentazione? E chi sono io per avere la verità su un tema così importante». Mentre una sua collega, Marina Panzeri, quasi inorridisce all' idea «che Eluana debba morire di fame e di sete». Antonello Mattiolo, autista, è polemico: «Io m' inginocchio davanti a Dio, non davanti all' autorità del Vaticano. In questa città la Chiesa comanda senza delicatezza. Vuole la mia verità? Lecco non ne può più di Eluana, è troppo straziata dal suo caso, tutti noi, dentro, dove nessuno ci ascolta, ripetiamo che finalmente questa vicenda è finita. Vedo il padre al dopolavoro ferroviario e non so come qualcuno si possa permettere di giudicarlo e di dargli dell' assassino». Anche allo stadio dove gioca il Lecco calcio, già allenato da Donadoni nel 2001, e salito in C1, Eluana è uno sbaglio da non ricordare. Strano perché in ogni curva d' Italia i tifosi mostrano eccessi e passionalità. Però le curve sentono drammi, dolori, disgrazie della loro città. E non lasciano mai solo chi soffre. C' è sempre uno striscione che incoraggia, che non dimentica. A Lecco in 17 anni mai niente, nemmeno un saluto, e ora nemmeno un ciao. Il tecnico della squadra, Adriano Cadregari, è l' allenatore più squalificato d' Italia, quattro volte in dieci partite, viene da Crema e dice che non bisogna confondere il gioco con le cose serie. «I calciatori sono pigri, ho provato a stimolarli comprando dei libri, come quello di Coelho, però sono giovani, preferiscono l' ignoranza. Io ho tre figli, 14,18, 20 anni, qualche volta di Eluana ho parlato con loro, ma abbiamo opinioni diverse, io personalmente non staccherei mai il sondino. Però su certi temi ci vuole silenzio e discrezione. Fabio Corti, il mio allenatore dei portieri, ogni mattina va a fare assistenza agli anziani, ma non lo sbandiera a nessuno». Già, invece l' innocenza e la voglia di non vegetare di Eluana è stata sbattuta con volgarità davanti a tutti. Non si fa, sembra quasi dire Lecco, è inelegante. Meglio rimuovere le ombre, staccarle dalle pareti della città e lasciarle lì, prigioniere in ospedale. La misura della sofferenza è una visione singolare che trova pochi appigli, forse bisognerebbe mostrare le foto di Eluana adesso, far vedere le sue tenebre, la sua assenza, prima della sua morte carnale. Vederla nelle foto, allegra sciare, non rende il suo presente. In questa storia senza futuro si usa il passato e si ignora il presente. Lecco oggi è l' Italia che prova a tirar dritto per paura che lo sguardo contamini certezze, per timore che la visione susciti emozione, lo scandalo del corpo senza animazione che non smette di esser caldo. Ma quante volte deve morire Eluana per trovare pace e una carezza? - Emanuela Audisio Repubblica.it http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/11/15/un-paese-tra-la-vita-la-morte.html 
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Inviato - 17 novembre 2008 : 11:25:46
Sono ormai giorni e giorni in cui si sta parlando, scrivendo, anche “urlando” perché Eluana possa continuare a vivere.Tante sono le iniziative sorte in Italia affinché non venga eseguita questa “condanna a morte”. Ma non vediamo dei veri e propri cambiamenti della situazione! Sì! Ciò che un tribunale italiano ha deciso è una vera e propria condanna a morte di una persona umana, perché ELUANA E’ UNA PERSONA UMANA, vivente che ha diritto ad essere difesa ed accudita. Perché “alcuni” ritengono che non possa più essere considerata “degna di vivere” allora si chiede di farla morire di fame e di sete???? E chi ha il diritto di decidere ciò sulla vita dell’uomo???? E se pensiamo che è stato proprio il proprio padre a chiedere una cosa del genere…………..le domande che sorgono spontanee sarebbero molte da poter inserire in poche righe. - RIVOLGIAMO L’APPELLO A TUTTI AFFINCHE’ ELUANA CONTINUI A VIVERE, ASSISTITA AMOREVOLMENTE DA CHI LO HA FATTO FINO AD ORA. - CI APPELLIAMO AL CUORE DEL SUO PAPA’ AFFINCHE’ GUARDI SUA FIGLIA CON GLI OCCHI DELL’AMORE PATERNO E LASCI VIVERE LA SUA FIGLIOLA. - CI APPELLIAMO ALLA COSCIENZA DI QUANTI SONO NELLA POSIZIONE DI POTER BLOCCARE UNA “VERA E PROPRIA ESECUZIONE” AFFINCHE’ L’AMORE E IL RISPETTO DELLA VITA UMANA, QUALSIASI SIA LA SUA CONDIZIONE, PREVALGA SU UNA ILLOGICA MANIA DI DECIDERE CHI FAR VIVERE E CHI FAR MORIRE. Adele Caramico Presidente di Scienza & Vita http://www.bioeticaefamiglia.it/salviamo.eluana.htm  |
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Inviato - 20 novembre 2008 : 00:54:21
A Erba l'ergastolo, a Lecco la pena di morte Per Eluana Englaro non c’è da staccare nessuna spina a nessuna macchina. Il diritto di “pane ed acqua” è sempre stato considerato dall’Italia un human right di tutti e di ognuno, a prescindere dall’apprezzamento o dalla diagnosi del grado di disabilità. All’indomani della vicenda di Terri Schiavo, un protocollo Onu di due anni fa lo prescrive esplicitamente all’articolo 25. Perché non lo si è ancora ratificato in Parlamento? Sul diritto-dovere di nutrizione e idratazione (anche di pazienti in stato vegetativo) nulla può venir innovato dalla magistratura. Si smetta di parlare di accanimento terapeutico, si parli di accanimento giurisdizionale e vi si opponga il diritto di “pane ed acqua”, del resto nel 2006 a New York sostenuto con tanto calore dall’allora ministro Ferrero. Luigi Compagna http://www.ilfoglio.it/blog/752  |
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Inviato - 01 febbraio 2009 : 11:06:06
Lettera aperta della famiglia Crisafulli a Beppino EnglaroCarissimo Beppino, ti scrivo pubblicamente a nome di tutta la famiglia Crisafulli. Teniamo a precisarti che non apparteniamo a nessuna associazione (sappiamo che per aiutare fanno poco e niente), non facciamo parte di nessun schieramento politico, e per quanto riguarda la Chiesa, il Vaticano e tutto cio' che gira attorno al mondo cattolico, che parlano tanto, ma non sanno niente delle nostre sofferenze, e per giunta non fanno niente. E' che la nostra pregressa fiducia nella Chiesa in questi anni è volata via, pertanto ti comunichiamo che non siamo influenzati da nessuno, siamo io, noi e solo la nostra famiglia a scriverti. In extremis ti chiediamo di concedere la grazia ad Eluana: la tua lotta e la tua dolorosa e lunghissima battaglia giudiziaria l'hai già vinta. Con la presente lettera, ti chiediamo anche un cordiale incontro, nelle modalità e nei tempi, che ritieni opportuni. Sappi che non cambia nulla nella sofferenza e nelle condizioni di Eluana e Salvatore, anzi se consideriamo (e presumiamo) che Eluana non sente nulla, mentre Salvatore è cosciente, potrai sicuramente capire che lui soffra molto più di lei. Beppino, volevamo anche dirti che (forse) esiste uno spiraglio di luce, nessuno ne parla perche non conviene, esiste una terapia particolare che potrebbe far migliorare la condizione di vita di tua figlia. Salvatore dovrebbe farla. Ti chiediamo di provare a sottoporre anche Eluana a questa nuova terapia scientifica Americana, (terapia non concessa e non riconosciuta da questo "sordo" stato italiano). Come ben sai io e tutta la mia famiglia siamo entrati in un tunnel senza apparente uscita. Conosciamo centinaia e centinaia di casi, per essere più precisi quasi un migliaio di motori immobili, (la maggior parte vivono in casa propria), posso confermarti che ci sono persone come Eluana, ed anche molto peggio, (con respiratore Peg e similari), che scientificamente sono stati, e continuano ad essere giudicati dei Vegetali, in pratica delle foglie d'insalata. La verità invece è, che queste persone capiscono e recepiscono tutto quello che accade loro intorno, ma non riescono in alcun modo a comunicarlo e dimostrarlo, alcuni invece si fanno capire solo con gli occhi. Partendo proprio da Salvatore, siamo entrati in un argomento che prima non conoscevamo assolutamente. Solo la mia e la nostra forza, il nostro amore, ci ha dato la voglia di informarci e studiare il coma e lo Stato Vegetativo. Abbiamo girato l’italia, e anche paesi d'Europa, per dare un vero aiuto a mio fratello, e alla fine siamo stati premiati dal terribile racconto del nostro amato, e adorato Salvatore. Salvatore nel suo silenzio sentiva e capiva, ma quello che troviamo significativo è che lui sentiva ed avvertiva anche di avere fame e sete, nonostante si trovasse intubato. Beppino sappi che la vita è sacra. Ritengo che questo nostro dialogo, debba poter far riflettere e che arrivi anche nelle orecchie dei magistrati della corte di Roma. Noi abbiamo fatto di tutto, anche l'impossibile per Salvatore, ci conosci, è conosci ampiamente la nostra storia, come ben sai, Salvatore fu ampiamente giudicato dai grandi della medicina, un vegetale, in pratica una pianta d'annaffiare. Non c'è stato nessun errore medico, (come cercano di farci capire), nessuna diagnosi errata, sono state tante le diagnosi, sulla sua pelle, e sul suo corpo immobile, tutti paroloni. Oggi seppur nella sua gravissima disabilità che lo accompagna in questa lunga ed atroce sofferenza, lui è ritornato in qualche modo alla vita, lui vive per noi, e noi per lui. Sappiamo di certo che la pensiamo in modo diverso. Ho avuto la fortuna di conoscerti personalmente, sia in vari programmi televisivi, che presso la tua abitazione, dove in quell'occasione sei stato un uomo veramente straordinario, non posso dimenticarmi le passeggiate, la bellezza del lago e del centro storico di Lecco, non posso neanche dimenticare le parole di affetto che hai rivolto a mia madre, poi il nostro allontanamento con idee diverse. ntrambi abbiamo dovuto lottare, io per il diritto alla cura ed all'assistenza, tu per il diritto e la libertà di morire. Senza offenderti, sappi che non può il diritto a morire diventare la nuova frontiera dei diritti umani. Infine ti comunico alcuni dati, che forse ti potranno essere utili, il quasi migliaio di motori immobili che vivono in stato vegetativo prolungato (c'è ne sono tanti anche da oltre 20 anni) e le loro rispettive famiglie, che vivono ed accudiscono i propri cari in casa propria, il 99,9% si dichiarano completamente contrari all'eutanasia, fatta eccezione di un solo caso che indica come soluzione definitiva la morte, dopo la sua. Precisiamo che la disabile vive da oltre 27 anni in SVP, con il padre oggi 82 anni, e la paura di lasciarla da sola, gli da' sconforto ed angoscia. Le richieste di morire sono del tutto rare, noi personalmente sappiamo cosa significa essere stanchi disperati e dipendere da un assistenza fiacca e burocratica, e alla fine prevale il desiderio di farla finita. Mi auguro di sensibilizzarti ed accogliere questo nostro grido di sofferenza, ed umana partecipazione al tuo dolore. Accogli le nostre richieste, ed incontriamoci. Fiduciosi al nostro ascolto ed incontro. Catania 11 Novembre 2008 PER MAGGIORI DETTAGLI SULLA LETTERA DELLA FAMIGLIA CRISAFULLI CLICCA QUI: http://www.salvatorecrisafulli.it/index.htm
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luciano.martina
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Inviato - 02 febbraio 2009 : 16:13:33
Ciao, sono un po' di volte che visito questo sito (fondamentalmente carino e accattivante) e vedo che l'argomento principale è sempre Eluana Englaro... e quindi chiudo e vado via... Mi spiegate per cortesia cosa c'entra con il Pattinaggio ? Senza nulla togliere al dramma della famiglia Englaro che rispetto e con la quale per altro condivido opinioni e principi.Il punto è un altro: evidentemente, non c'è alcun interesse a discutere di ciò in questo forum ...visto che non vedo messaggi di altri al di fuori dell'admin... immagino che come me chi arrivi su questo sito abbia voglia e speri di trovare qualche nuova discussione sul pattinaggio. Inoltre, ammesso e non concesso che chi arriva qui perché ha voglia di vedere o leggere qualcosa sul pattinaggio sia anche disposto a fare un volo pindarico sulla faccenda di Eluana ... si scontra con un approccio assolutamente parziale che evidentemente tende a sostenere una propria opinione più che a "salvare" Eluana ...o almeno animare un dibattito stando sopra le parti, equo e oggettivo in modo che chi legge possa dire la sua o farsi un'opinione liberamente. (se qualcosa di oggettivo e non soggettivo, addirittura spirituale può esserci in una vicenda del genere). mi sembra poco corretto ed poco etico usare a titolo privato un portale evidentemente e dichiaratamente pubblico dedicato al pattinaggio... Se tutti gli admin dei vari forum usassero il forum che amministrano per diffondere , argomentare e sostenere le proprie opinioni... sarebbe la fine dei forum. io o chiunque altro potremmo invadere il forum portando altrettante testimonianze che sono concordi con le volontà di Eluana e di suo papà, altrettante opinioni di altrettanto rispettabili e illustri esponenti pubblici. Potremmo portare altrettante testimonianze di associazioni e gruppi spirituali che condividono la posizione della famiglia Englaro...ma non sarebbe corretto perché NON è questo il posto per farlo. ...tanto vale farsi il proprio blog e sostenere (con tutto il diritto) la propria opinione! perdonatemi per questa critica ... ma proprio non ne potevo più... la mia critica è tanto diretta e schietta quanto penso che questo uso improprio faccia male al sito stesso! viva il pattinaggio, viva la vita e viva la libertà di decidere del proprio destino!   ciao con amicizia Luciano 
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admin

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Inviato - 06 febbraio 2009 : 07:46:11
Caro Luciano,Prima d'insegnarare ai nostri figli a pattinare dobbiamo insegnare loro il rispetto per la vita (sotto qualsiasi forma ed in qualsiasi condizione). Cordiali saluti Lello Passannanti 
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